...si, confesso, ho fatto anche i 'caroselli'. Quante volte? Due sole
volte. Peccato veniale, mortale? Chissà. Fu dopo La decima vittima,
che piacque molto a Milano. La decima vittima aveva qualcosa, non so,
nel colore, nella scelta, nell'arredamento o in altro, che mandò
in visibilio i pubblicitari mila-nesi. Nord è sinonimo di capitalismo,
da noi. I ricconi del nord non si sono mai inte-ressati di cinema altro
che per ragioni sessuali. Alcuni di essi si lasciarono incastrare da
produttori romani attirati dalle gonnelle di qualche bella attrice.
Ci lasciarono le penne tutti, in un modo o nell'altro.
Per
il cinema e i cineasti, la gente coi soldi, dislocata soprattutto lassù,
ha sempre manifestato diffidenza, per non dire disprezzo, anzi diciamolo.
Ma con l'avvento della televisio-ne, per fare la pubblicità dei
loro prodotti, gli 'industriali' dovevano pur rivolgersi a professionisti
dell'immagine filmata e volevano i migliori, anche per una forma di
snobismo, per poter dire: 'Quello là, gli ho fatto fare il mio
carosello'. Io sapevo che molti registi giravano 'caroselli' nei momenti
di magra. Anzi, a dir vero, alcuni non facevano altro, essendo la loro
vita cinematografica null'altro che un lungo periodo di magra. Certi
registi, rigorosissimi nella scelta d'un film, tanto da diventare sterili
o mùtoli nel cinema, davanti al lucroso anonimato offerto loro
dalla pubblicità, avevano rivelato una fertilità quasi
balzachiana. Tra questi Balzac del "carosello" si annoveravano,
allora, nomi assai prestigiosi, di uomini da me assai stimati. E quando,
dunque, mi offrirono di girare dei "caroselli" per la Shell,
dopo qualche esita-zione, sulla scia dell'esempio di questi amici, anzi
compagni, accettai. Devo dire che accettai anche perché la persona
che venne a offrirmi quel lavoro era molto interessan-te. Si chiamava
Mario Belli, ed era, in quel momento, il creative d'una delle società
pubblicitarie più potenti. Una specie di sa-cerdote del messaggio
pubblicitario. Faccia da boxeur, erre padana, linguaggio post-freudiano,
roba da Trento, abiti da prete: m'incantò. Erano "caroselli"
di fantascienza. Gli 'ottani in più' erano rappresentati da super-donne
tutte vestite di bianco. Le benzine normali, il 'nemico', erano super-donne
tutte vestite di nero. Furono dieci fil-mini che mi costarono una fatica
immensa. […]
Faticai
molto, moltissimo, anche se mi dettero, per girare, tanti mezzi quanti
mai ne avevo avuti nel cinema. Ma feci una tale fatica, a causa della
mia cattiva coscienza, e del mio masochismo, travestito da passione
artigianale, che giurai a me stesso di non fare più "caroselli".
Invece, quando, due anni dopo, il prete Belli tornò alla carica,
a mani giunta, per offrirmi quattro "caroselli" per conto
d'una ditta mobi-liera padana, non seppi dire di no. Belli disse che
solo io potevo aiutarlo, che faceva appello proprio al mio paranoico
senso del dovere perché gli risolvessi una si-tuazione molto
compromessa. Alle mie obie-zioni circa la disonestà, in sé,
di fare la pubblicità, di indurre, cioè, i telespettatori
con mezzi del tutto arbitrari, approfittando della loro privacy, a comprare
cose del tutto inutili, Belli rispose dicendo che il cliente, quella
volta, era un vecchio artigiano, che gli oggetti erano di prima qualità,
eccetera. […]
Da
allora, ossia da più di tredici anni, ho sempre rifiutato di
fare la pubblicità. Alcuni dei miei colleghi, mi pare di sentirli,
mi ac-cuseranno di moralismo. Beh, io credo ci sia un limite anche alla
malafede. Il regista che coi film fa professione di idee marxiste, leniniste,
staliniste, maoiste, castriste, gueva-riste e che poi, di soppiatto,
si mette a fare la pubblicità per qualche monopolio della chimica
o, poniamo, dell'automobile, deve sapere che il suo comportamento è
proprio sbagliato: prima di tutto dal punto di vista della correttezza
professionale, e poi da quello della correttezza politica, che sono
la stessa cosa. Non basta dirsi che i soldi dei "caroselli"
servono ad aspettare il "buon" film. Per vivere, meglio un
brutto "western" che una "deliziosa" serie di "caroselli".
Tra l'altro, alcuni di questi registi devono ren-dersi conto che il
"delizioso" linguaggio dei "caroselli" rimane spesso
anche nelle mac-chine da presa con le quali girano i propri film"
.